Correlazione tra infiammazione di un organo e tumore. Domanda e risposta Dott. Veronesi.
Il nesso tra infiammazione e cancro, ipotizzato per la prima volta quasi trent'anni fa, è oggi riconosciuto evidente in tutto il mondo scientifico, tanto che secondo l'Organizzazione Mondiale della Sanità il 20% dei casi di tumore sono attribuibili a un virus o a un'infiammazione.
È dunque stato accertato scientificamente che a volte l'infiammazione è il terreno prolifico in cui il cancro si sviluppa. Diversi studi hanno dimostrato che alcune forme croniche di infiammazione in determinati organi favoriscono l'insorgere del tumore: ad esempio la colite ulcerosa, che rappresenta un terreno favorevole per il cancro del colon-retto.
Naturalmente questo non significa che la diagnosi di un'infiammazione intestinale cronica corrisponda necessariamente a una diagnosi di cancro, ma semplicemente che la situazione di rischio individuale aumenta e che quindi la persona si deve controllare di più rispetto alla media della popolazione. Del resto il legame tra processo infiammatorio e processo tumorale è provato anche dal fatto che un tumore, indipendentemente dal fatto che sia stato o meno concausato da un'infiammazione precedente, per crescere crea un ambiente infiammatorio.
Lo studio di strategie in grado di interferire con il meccanismo infiammatorio può quindi aiutarci a sviluppare terapie mirate a colpire il micro-ambiente che sta intorno alle cellule tumorali, nel quale queste cellule crescono e proliferano. Già oggi è stato accertato che l'uso di anti-infiammatori non steroidei (come l'aspirina) proteggono dal cancro al colon.
Per la cura del mieloma multiplo si usa la talidomide, un medicinale che agisce sui meccanismi dell'infiammazione che favoriscono il tumore. Inoltre sono in sperimentazione farmaci analoghi per bloccare la crescita dei tumori dell'ovaio e del rene.
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